Don’t look up: recensione

DON’T LOOK UP, SATIRA GRAFFIANTE AD OPERA DI ADAM MCKAY, CON QUALCHE LUNGAGGINE DI TROPPO

DURATA: 138 minuti

USCITA: 24 dicembre 2021

VOTO: 4 su 5

locandina don't look upAdam McKay maestro della satira sociale americana, confeziona un film figlio dei nostri tempi. Scritto e diretto con il riscaldamento globale in mente, la parabola diventa ancora più caustica se vista in ottica di corona virus, no-vax e fake news. Potremmo ribattezzarlo A che ora è la fine del mondo, proprio come la celebre canzone.

Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence sono scienziati che scoprono l’arrivo imminente di un meteorite, l’impatto del quale sulla Terra è in grado di distruggerla completamente. Sei mesi e una manciata di giorni e saremo tutti morti. La cosa più intelligente da fare è comunicarlo al presidente degli Stati Uniti affinché metta in moto un piano aerospaziale per deviare il corso del corpo celeste. Ma, proprio come accadrebbe nella realtà, ci si mettono di mezzo interessi politici, interessi economici, i social media e le teorie di complotto. Basterebbe guardare su nel cielo, ma i negazionisti si inventano “don’t look up”, non guardare all’insù,  pur di negare l’evidenza. Pur di mentire a sé stessi e convincersi che sia tutta una bufala. L’equivalente dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia.

È tutto molto verosimile; i personaggi d’altronde sono caricature basate su figure esistenti. La presidente donna, lo schieramento della quale poco importa, e un’amalgama di diversi presidenti, da Hillary Clinton a Donald Trump, compreso il nepotismo senza vergogna di quest’ultimo, che elegge il figlio a capo dello staff. Mark Rylance è un mostro fatto di tante teste: Jobs, Musk, Bezos, Zuckerberg (l’algoritmo in grado di prevedere persino il tipo di morte che ci aspetta). Per ogni personaggio si può trovare la controparte nella realtà. Ed è questo che, dopo aver riso, fa preoccupare: abbiamo accettato una realtà dove si dice tutto e il contrario di tutto, dove non sembra esserci più speranza di cambiare il corso della storia. Di questo passo l’umanità si sarà meritata di essere estinta. È un futuro molto cupo, se ci si ferma a riflettere.

Nel cast stellare sono tutti molto bravi e dediti ai propri personaggi. Ma chi emerge davvero è Jonah Hill, il quale con microscopiche espressioni e movimenti (si faccia caso a quante volte si sfiori il naso, come se avesse appena sniffato) è in grado di dire più con le cose non dette, che con le parole. Il film soffre però di una eccessiva durata, un grosso difetto che attanaglia parecchi film dell’ultima stagione. È la conseguenza delle piattaforme streaming e carta bianca ai registi, liberi di fare come vogliono. Si rimpiange un po’ la figura del produttore dal pugno di ferro e mani di forbice, il quale, spinto da programmare più proiezioni possibili nell’arco di una giornata, sapeva quando e cosa tagliare. Nel film di McKay si possono trovare almeno due, tre scene superflue o inutilmente troppo lunghe, senza le quali il messaggio sarebbe passato lo stesso. E l’operazione sarebbe stata più compatta e appetibile. Nonostante tutto, un film da non perdere.

 

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"O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire."