AL VIA IL FILMING ITALY – LOS ANGELS FESTIVAL, INCONTRO DI CINEMA IDEATO DA TIZIANA ROCCA, UN PENSIERO ALL’UCRAINA E TANTA VOGLIA DI ABBRACCIARSI DAL VIVO
Filming Italy Los Angeles Festival giunge alla settima edizione, crescendo di popolarità e prestigio, sopravvivendo con tenacia alla pausa forzata dovuta al Covid e ritorna dal vivo, di persona, in pompa magna al teatro Harmony Gold di Los Angeles. La perseveranza della curatrice Tiziana Rocca è ripagata dall’amore e apprezzamento dell’industria americana per questo festival.
Per quanto fosse palpabile l’entusiasmo di ritrovarsi insieme in una sala con lo spettro del covid finalmente alle spalle, ci si è dovuti confrontare anche con la situazione mondiale di una guerra irragionevole che sta devastando l’Ucraina. L’appello alla pace si è rivelato uno dei leitmotiv della serata. Così l’attore Joe Manganiello: “Ho amici soldati e quando parlo con loro dico – ciò che fate voi conta veramente, quello che faccio io non ha valore, è irrilevante al confronto. E loro mi rispondono di no, che quando sono a combattere in un’altra nazione, l’unica cosa che li fa sentire a casa è guardare i film. Quello che fai tu è altrettanto importante, dicono”.
Così, con un pensiero rivolto alle vittime, si è cercato di trovare un po’ di leggerezza nel celebrare un festival che non rappresenta solo uno showcase di talenti italiani (sulla piattaforma digitale verranno presentati oltre 55 tra film, serie e masterclass), ma che fa da ponte tra l’industria cinematografica italiana e la controparte americana. Perché il cinema è un linguaggio universale, che ha il potere di creare un dialogo tra le persone, tra le nazioni.
Best movie award all’attore Salvatore Esposito, sempre disponibile e alla mano, “Io sono un ragazzo normalissimo che cerca sempre di fare del suo meglio”, il quale sogna in grande (meritatamente, diciamo noi) di lavorare con Tarantino e Scorsese.
Premiati anche l’attore Joe Cortese e il produttore Nick Vallelonga entrambi di Green Book, il trio di opera pop italiano Il Volo e l’attore Joe Manganiello.
Ma tutti gli occhi erano puntati sulla reunion tra Gabriele Muccino e Rosario Dawson. Nonostante si fossero persi un po’ di vista dall’uscita di Sette anime è sembrato che il tempo si fosse fermato. L’energia che sprizzavano insieme sul red carpet era contagiosa: baci, risate, voglia reale di riabbracciarsi. Un affetto immutato che, sperano entrambi, possa tramutarsi in una nuova collaborazione insieme.
Al regista, venuto a presentare il suo libro La vita addosso, abbiamo chiesto di anticiparci qualche aneddoto proprio su Rosario. Ma è stata l’attrice, la quale non era al corrente dell’uscita del libro, a decidere di raccontarci in esclusiva un momento dell’esperienza insieme sul set. “Questa è la mia preferita. È stupida e non sarà quella che racconterò poi in sala a tutti gli altri, ma è divertente e dimostra quanto Gabriele sia genuino, reale, onesto e sempre presente. Io e Will [Smith] abbiamo una scena d’amore ed è l’ultima cosa che giriamo. Will è sempre a disagio in questo tipo di scene, infatti dovevamo girarla prima, ma continuava a rimandarla. Come scherzo dell’ultimo giorno di riprese, e anche per rompere un po’ la tensione, ho preso una parrucca e me la sono infilata nelle mutande. I peli uscivano da tutte le parti, da dietro, dai lati, da sopra. Una cosa ridicola, era ovvio che fosse finta. Vado da Gabriele e gli dico – so che non ci sono scene di nudo, per cui non mi sono depilata, ma se pensi che causi distrazione la posso rasare. Lui mi guarda per qualche secondo e fa – forse è meglio che indossi due paia di mutande”. Scoppiano entrambi a ridere. Rosario: “E’ una parrucca! Faccio io. Si stava sforzando così tanto di essere educato nel caso fosse vera, non me lo dimenticherò mai.”
È un susseguirsi di battute tra loro due, Muccino è curioso di sapere se Will Smith parla nel suo libro di Rosario quanto il regista fa nel suo, tanto che viene spontaneo da chiedere, dopo l’autobiografia del regista e quella di Will Smith, a quando quella di Rosario Dawson? “Non so se fa per me. Potrei finire in un sacco di guai se scrivessi il mio libro. Ho più di cento progetti alle spalle, avrei un sacco di storie da raccontare. Su un sacco di persone”. Meglio di no? Ormai le abbiamo messo la pulce nell’orecchio, quindi chissà.