Intervista a Tommaso Acquarone

IL REGISTA TOMMASO ACQUARONE CI RACCONTA LA GENESI DEL SUO CORTO “I MIEI OCCHI” CHE POTREBBE ESSERE CANDIDATO AGLI OSCAR.

locandina_imieiocchiNel pieno della Award Season a Hollywood sono tanti i film che aspirano ad una nomination, attraverso proiezioni, incontri, suntuosi ricevimenti. Ma non si pensi che siano solo le grandi produzioni  ad organizzare eventi e promuovere i propri lavori, qualsiasi categoria si adopera per far sentire la propria voce, anche i cortometraggi. Tra questi ce n’è uno di origine italiana che sta facendo molto parlare di sé. Si tratta di I miei occhi, storia di un incontro tra una donna e un artista di strada, tutto girato all’interno di un’autovettura. Il ragazzo si esibisce come giocoliere ai semafori per qualche spicciolo, la donna sembra (ri)conoscerlo e gli offre un passaggio. Il mistero sull’identità dei due personaggi è tutto racchiuso nel tragitto lungo le strade di Genova e dintorni, tra frasi dette e quelle non dette.

Il corto è diretto dal giovane regista Tommaso Acquarone. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo posto qualche domanda su questa sua esperienza a Hollywood. Con alle spalle un altro cortometraggio (‘Sulla Riva’),  questo potrebbe essere l’inizio di una brillante carriera.
In realtà ho fatto altre cose, ma estremamente indipendenti, questo lo considero il mio primo corto professionale, con un budget insomma. Dopo questo lavoro ho fatto un fashion film per Emilio Pucci(LVMH) che è stato presentato alla Milano Fashion week.

La storia, che si dipana attraverso le conversazioni tra i due protagonisti, è aperta a diverse interpretazioni, al pubblico il compito di riempire i vuoti. “Per arrivare a raccontare questo frammento di giornata avevo bisogno di costruire la backstory dei due protagonisti, ma per il momento non ho in mente trasformare questa storia in lungometraggio. Mi interessava solo raccontare un momento della vita di questi due personaggi, e quello che sarebbe successo durante il loro rincontro. L’ispirazione nasce da alcune immagini provenienti dall’inconscio che si sono scontrate con l’osservazione di alcuni artisti di strada che ho seguito a Lisbona per un documentario mai montato.

La scelta di filmare tutto dal sedile posteriore ottiene due obiettivi. Quello del suggerire piuttosto che raccontare: le espressioni facciali dei due protagonisti lasciano indizi, libertà al pubblico di unire i puntini. Tale decisione artistica pone anche lo spettatore nel ruolo di testimone involontario, come se stessimo spiando i protagonisti dal buco della serratura.

Al centro della vicenda c’è una verità celata sia al ragazzo che allo spettatore quindi per me era importante che anche la camera non riuscisse mai a svelare frontalmente gli occhi della protagonista. È attraverso gli occhi di Ksenia (Rappoport) che nell’ultima scena il ragazzo intuisce probabilmente la verità. Joao Fariñha, il protagonista, l’ho conosciuto mentre si esibiva a un semaforo e l’ho trovato fin da subito estremamente magnetico e talentuoso. Non aveva mai recitato quindi abbiamo vissuto un mese insieme durante il quale abbiamo lavorato molto perché si abituasse alla presenza della macchina da presa e ho riscritto la sceneggiatura su di lui. Ksenia ho sempre pensato fosse perfetta per interpretare questo ruolo, è un attrice e una persona straordinaria. Le ho inviato la sceneggiatura e ho aspettato un po’ prima che mi rispondesse ma quando l’ha letta le è piaciuta molto e dopo un breve incontro a Milano ha accettato.”

Il film, come si diceva, potrebbe finire nella cinquina per gli Oscar, sicuramente una grande opportunità per Acquarone e tutti quelli che hanno collaborato al cortometraggio e motivo d’orgoglio per il nostro Paese.

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