ROBERTA INARTA E LE SUE ALLIEVE HANNO MESSO IN SCENA UNA PERFORMANCE DAL VIVO PER MANTENERE ALTA L’ATTENZIONE SULLA GRAVE SITUAZIONE ATTUALE
Ci sono stati tanti eventi il 25 novembre previsti e organizzati per la giornata internazionale della violenza sulle donne. Il settore spettacolo non ha fatto mancare la propria presenza a giusto, anzi giustissimo supporto della causa. Molte anche le scuole di recitazione che hanno organizzato manifestazioni, happenings e flashmob per far sentire la propria voce. Una tra tutte la Scuola di cinema di Napoli presieduta da Roberta Inarta.
Sono state sette le attrici scelte tra allieve ed ex allieve che hanno marciato in un “happening” a cura di Benedetta Bottino con il supporto dell’acting coach Roberta Geremicca, per raccontare la storia di una donna vittima di violenza e domandare in modo retorico al pubblico “non vedete cosa sta succedendo?”, fino ad arrivare al grido “per te, per me, per tutte IO DENUNCIO” dinanzi alla commossa platea di spettatori.
Le performer sono state Teresa Boemio, Teresa Bellomo, Giulia Esposito, Roberta Fiorentino, Martina Guarino, Mailar ilardi e Alice Sorgente, scelte con cura dalla direttrice Inarta. A ciascuna di loro abbiamo rivolto una domanda:
Cosa ha significato per te Alice prendere parte a questo evento?
È stata una grande opportunità per far sentire la nostra voce in quanto donne. La nostra società ha bisogno di aprire gli occhi e far caso a ciò che troppo spesso viene ignorato: la normalizzazione di gesti, parole e comportamenti tossici, discriminatori e violenti, frutto di un’educazione sbagliata, che costantemente sfociano in atti estremi e irreparabili. L’arte è uno dei mezzi di comunicazione di massa più potenti, lo è sempre stata e credo lo sarà sempre. Proprio per questo sono fermamente convinta che, se utilizzata in modo intelligente, il messaggio giusto può arrivare anche alla mente più chiusa. Spero che questo evento sia stato un’ulteriore passo avanti per questo grande progetto di informazione e sensibilizzazione.
Sappiamo che c è stata molta commozione del pubblico, ma anche vostra a fine evento, e quindi deduciamo che l’avevate già da prima. Teresa tu come sei riuscita a tenerla a bada per restare fedele alle richieste della regista?
La preparazione emotiva è iniziata già durante le prove, vedendo le notizie, ascoltando le storie che scorrono in tv e suoi social. Purtroppo sono notizie all’ordine del giorno e questo mi crea una grande sofferenza. Durante l’esibizione ho trasformato questa sofferenza in rabbia. Mi ha aiutata anche la marcia che era continua, ripetitiva fino ad essere estenuante. Avevamo una missione, eravamo la voce di denuncia di chi non può parlare più. Avere quest obiettivo mi ha aiutata. Ma alla fine quando ci siamo sentite viste, tutto il dolore è venuto fuori. Li è stato difficile trattenersi e le lacrime non si sono più fermate.
Era la prima volta per te Giulia che ti trovavi in uno spettacolo del genere, in che modo ti senti legata a questa causa?
È stata la mia prima esperienza in uno spettacolo di questo tipo. Guardare il pubblico negli occhi ha reso però la sfida anche più coinvolgente. Questo coinvolgimento diretto ha fatto in modo che l’esperienza fosse più intensa sia per me come attrice, sia per il pubblico, che si è sentito personalmente coinvolto. Il mio impegno personale è quello di trasmettere il senso di una forte connessione con la causa delle donne, auspicando che sia condiviso da tutti, indipendentemente dal genere o dall’età. Solo unendo le forze possiamo contrastare efficacemente questo problema. È fondamentale che nessuna donna si senta sola o screditata o che provi vergogna.
Mailar, post evento, quale speranza hai per te e per tutte le donne?
La speranza che questa forza espressa da noi e dalle manifestazioni di massa, resti accesa in ogni dove, dalla più piccola alla più grande realtà, per mantenere viva questa unica voce, che è poi quella di tutte. Che sia suono, rumore o grido , è importante che sortisca la risposta concreta di un rimodellamento culturale, in termini di dinamiche sociali tanto quanto legislative ed istituzionali.
Sappiamo che hai già avuto esperienze lavorative tra fiction e animazione in cui hai interpretato ruoli anche difficili e drammatici, in questa circostanza Roberta portavi in scena te come donna o interpretavi un ruolo?
Ho portato in scena non solo il mio impegno come attrice, ma soprattutto ho incarnato un frammento significativo della storia di una donna, che potrebbe essere chiunque di noi, dando voce e rappresentando simbolicamente la sua esperienza. Sono stata parte di un corpo collettivo che ha trasformato emozioni e dolore in un messaggio potente, unendo le nostre voci per sollevare consapevolezza sulla lotta contro la violenza sulle donne.
Teresa, tu hai partecipato ad un altro happening chiamato “Riemergere storie di sopravvissute” l’anno scorso sempre con la stessa regista. Quali sono state le differenze tra le due edizioni?
Innanzitutto grazie per aver dato questo spazio interattivo a noi attrici e per averci dato la possibilità di far capire come abbiamo creato e vissuto questo evento. Una delle differenze principali tra l’evento dell’anno scorso e quello di quest’anno sta proprio nel modo in cui abbiamo deciso di far arrivare il messaggio, l’anno scorso rappresentavamo delle donne che erano molto più devastate da questa tematica, invece quest’anno anche dopo tutte le spiacevoli notizie riguardanti i femminicidi che continuano ad aumentare abbiamo deciso di rappresentare un vero e proprio esercito che vuole far sentire la propria voce senza paura delle conseguenze. Altra differenza di quest’anno sta nella marcia, l’anno scorso era un elemento che doveva creare un senso di pesantezza, doveva quasi infastidire l’ascoltatore, quest’anno oltre ad aver dato questo tipo d’impronta abbiamo pensato di renderla parte integrante anche della parte recitata per far arrivare sempre di più questo messaggio di forza e di coraggio.
Martina sei la prima a marciare; la prima a parlare, potresti essere considerata un po’ l’apri-pista della manifestazione, è una forte responsabilità, come l’hai gestita?
Non nascondo che c’è una grande ambivalenza: se da una parte la responsabilità mi intimorisce e lascia spazio ad un po’ di paranoie, dall’altra tendo ad abbracciarla sin da subito con un grande fervore, cercando poi di mantenere ogni cosa sotto controllo e desiderando che gli altri si fidino di me e si affidino a me. In quest’occasione, a mio parere, essere “apripista” mi ha permesso anche un po’ di attutire i primi colpi, che possano essere state le risate ed i commentini di scherno di chi non vuole e/o non riesce a capire, ma mi ha permesso anche di vedere i primi sguardi incuriositi, i sorrisi, i volti sorpresi e coloro che cercavano di incoraggiarti con piccoli gesti. Per cui, nonostante la paura, questa responsabilità l’ho gestita fidandomi di me stessa in primo luogo (che non sempre è così facile come sembra), delle mie colleghe di cui mi sono sentita estremamente protettiva, e del mio punto di riferimento che con il suo fare materno mi aiuta sempre a centrarmi e mettere le cose in prospettiva, e di chi inevitabilmente mi è stato attorno, regalandomi qualcosa di diverso ogni attimo.
Direttrice Inarta chiudiamo con un’ultima domanda a lei. Che significato ha far valere la propria voce in questo momento storico così particolare, che vale oggi come sempre?
In un periodo storico segnato dalla violenza, ritengo fondamentale far sentire la propria voce come atto di resistenza e consapevolezza. Affrontare le questioni di genere, denunciare l’ingiustizia e promuovere un cambiamento culturale sono imperativi essenziali per instaurare un contesto sociale basato sull’uguaglianza e il rispetto universale, tanto oggi quanto in qualsiasi altro momento. Nel contesto del disagio giovanile attuale, sottolineo personalmente l’importanza cruciale del sostegno e della diffusione della cultura e dell’arte come potenti armi di contrasto. L’incoraggiamento delle espressioni artistiche non solo offre un rifugio creativo, ma funge da catalizzatore per la comprensione emotiva e la costruzione di una prospettiva positiva. La cultura e l’arte diventano così strumenti indispensabili nel plasmare un ambiente che nutre la crescita e la salute mentale dei giovani e non solo, offrendo loro vie di espressione significative, alternative e costruttive.
Nella mia veste di direttrice della Scuola di Cinema di Napoli insieme al direttore Carlo Picone e a tutto lo staff affronto quotidianamente le sfide che giovani e non solo portano con sé, spesso afflitti da disagi, insicurezze e molta rabbia. Assistere al loro cambiamento positivo dopo un corso di cinema è per me un’incredibile fonte di gratificazione. Questi corsi forniscono loro strumenti cruciali per costruire un nuovo percorso, trasformando le difficoltà in opportunità e aprendo porte a un futuro più luminoso. È un viaggio commovente osservare come l’espressione artistica diventi un faro di speranza e trasformazione nella vita di chi partecipa, contribuendo in modo significativo al loro benessere e sviluppo.