IF – Gli amici immaginari: recensione

UN’IDEA ISPIRATA, CON UNA TRAMA NON ALL’ALTEZZA.

IF_locandinaDURATA: 104 minuti

USCITA: 16 maggio 2024

VOTO: 3 su 5

John Krasinski come regista ha dimostrato di avere sempre idee brillanti e creative. Anche in questo caso, un film fantasioso, lontano dalle atmosfere horror di A quiet place, ma con un fulcro sempre incentrato sul valore della famiglia, parte da un’idea se non altro intrigante. Quella dell’amico immaginario, che, più o meno, tutti da piccoli avevamo. Krasinski chiama a sé amici e collaboratori stretti, davanti e dietro la macchina da presa, per dare vita alla sua idea. Da un cast all-star nella versione originale che presta le proprie voci (tra cui Steve Carell, con il quale Krasinski aveva condiviso The Office al compianto Louis Gossett Jr), alla fotografia di Janusz Kaminski e le delicate musiche di Michael Giacchino.

La storia narra di Bea, una dodicenne con fretta di crescere, dopo aver perso la madre e con il padre attualmente in ospedale per una (volutamente) non ben definita operazione al cuore. Durante l’assenza del padre va a vivere dalla nonna e nel palazzo fa amicizia con strani esseri, capitanati dal vicino di casa Cal (Ryan Reynolds). Questi strambi personaggi non sono altro che amici immaginari (IF sta per Imaginary Friends) senza più un bambino o bambina reale con cui confrontarsi. Da qui parte la voglia di Bea di aiutare Cal ad accoppiare queste povere “anime in pena” a nuovi bambini.

Sulla carta IF – Gli amici immaginari non può che essere un successo assicurato. D’altronde fa leva su esperienze legate all’infanzia che fa sempre piacere rivisitare, come Pixar insegna. Il risultato finale è però altalenante.

Visivamente è un’esplosione di colori, i personaggi di fantasia sono originali e stravaganti, certe sequenze come quella di Ryan Reynolds che esce dal dipinto ad olio o il numero musicale sono magnifiche nell’ispirazione e nell’esecuzione. È la storia che langue. A supporto di un’idea ci vuole la base solida della trama, che qui è ridotta ad una specie di agenzia di collocazione per amici immaginari dimenticati. È un peccato perché il potenziale c’era tutto. In certi momenti il film tocca la corde giuste. In certi altri diventa ripetitivo. Sa raggiungere il giusto equilibrio tra sentimentalismo ed effetto comico, ma lascia troppi dettagli al caso. A volte l’emozione appare forzata più che spontanea. Correndo anche il rischio di parlare di più agli adulti che si ricordano bambini, piuttosto che ai loro figli. Per arrivare al cuore ci vuole di più.

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"O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire."