Smile 2: recensione

UN AGGHIACCIANTE SECONDO CAPITOLO APRE LA PORTA AD UNA SERIE INFINITA DI SEGUITI

DURATA: 132 minuti

USCITA: 17 ottobre 2024

VOTO: 4 su 5

Smile, in qualità di franchise horror, ha il potenziale di diventare il nuovo Final Destination. Ne possono fare anche cento di questi film, ogni volta con un nuovo cast, con nuove morti sempre più truculente. Le possibilità sono infinite. Smile 2 sposa la maledizione del sorriso maledetto che si trasmette da persona a persona con una trama sul lato oscuro della fama. Ed è per questo che il seguito supera il primo capitolo.

La protagonista è Skye Riley (Naomi Scott) una popstar mondiale, basata sulle tante artiste che popolano il panorama musicale americano, da Britney Spears a Billie Eilish passando per le più recenti Sabrina Carpenter e Chappell Roan, dove il successo si accompagna a calendari massacranti, incontri con fan esuberanti, e dipendenze varie. Sesso droga e rock’n’roll, per intenderci. Se poi ci si aggiungono anche le allucinazioni causate dal demone per la cantante è la fine, è la perdita completa della ragione.

Agli spaventi (uno in particolare può cogliere di sorpresa anche lo spettatore più smaliziato) si aggiunge quindi la parabola della vita da popstar. È un’idea che porta linfa vitale al franchise e che lascia intendere come si possano esplorare nuovi scenari ad ogni nuovo capitolo. Mentre l’interpretazione di Sosie Bacon nel precedente era più pacata e piano piano scendeva nell’abisso, quella di Naomi Scott punta completamente sull’isteria e le nevrosi. La buona riuscita del terrore è tutta sulle sue spalle, sulla sua capacità nel rendere il pubblico partecipe della sua perdita di distinzione tra sogno e realtà. Accanto a lei, seppur in sole due scene, ma altamente inquietanti, Ray Nicholson, il figlio di Jack Nicholson, il quale sfoggia lo stesso ghigno malefico del padre. Se anche i nuovi capitoli sapranno coniugare l’horror ad una solida sceneggiatura ci sarà da vederne delle belle.   

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