Better Man: recensione

ROBBIE WILLIAMS, IL CANTANTE DEI TAKE THAT, RAFFIGURATO COME UNA SCIMMIA. LA SUA VITA E PERCHÈ NON SI È MAI SENTITO ALL’ALTEZZA DEL SUCCESSO.

DURATA: 134 minuti

USCITA: 25 dicembre 2024 (USA)

VOTO: 3.5 su 5

Il film sulla vita di Robbie Williams si pone a metà tra Bohemian Rhapsody e Rocketman. Williams è una figura emblematica della musica pop, con il suo temperamento ed eccessi. Mancando però di quella caratteristica fisica che lo fa riconoscere subito, anche in forma stilizzata (si pensi agli occhiali stravaganti di Elton John) bisognava trovare l’espediente per distinguerlo sullo schermo, non solo dagli altri membri dei Take That, ma anche dal resto del panorama musicale. L’idea è stata quella di tramutarlo in scimpanzé. Intuizione senz’altro fantasiosa, un po’ Pianeta delle Scimmie, un po’ onirica, e non è facile abituarsi all’inizio. Il rischio che possa essere ridicolizzata è sempre dietro l’angolo. Tuttavia lo stesso Robbie Williams ha sempre dichiarato di sentirsi una scimmia da circo sul palco.

Ecco, aldilà dell’estetica e della superficie, il film si basa proprio su questo, sul modo in cui gli altri, fan, amici, famiglia, vedono Robbie Williams, il personaggio pubblico, e come lui vede se stesso. Sempre con il timore di non valere niente, di essere una frode. Quei demoni interiori che non solo gli minano l’autostima, ma che lo portano ad una spirale autodistruttiva fatta di droghe ed eccessi.

La fama è bella solo in fotografia, si dice ad un certo punto. Williams sogna folle adulanti, fama e successo sin da bambino, quando guardava Frank Sinatra in tv e il padre fare serate in piccoli club. Sognava quella vita da superstar e quando ha ottenuto tutto quello che voleva non ha saputo gestirlo. Perchè i propri problemi non si risolvono con l’adulazione di milioni di persone.

Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis Jr sono considerati divinità della musica perchè non portavano i propri problemi sul palco, il loro mestiere era far dimenticare alla gente delle proprie vicissitudini per qulle due ore, lezione che Williams rifiuta di imparare fin quando non va a sbattere il muso di persona.

Il film lavora molto sull’aspetto visivo e sull’immaginazione, partendo appunto dalla scelta di rappresentarlo come una scimmia, usando però la voce vera di Williams come narratore fuori campo, fino a numeri musicali ambiziosi che usano al meglio il grande schermo per cui è stato pensato. L’artista arriva a toccare punti bassi nella sua esistenza così che quando si mostrano quelli alti tutto appare euforico, perchè è stato toccato il fondo.

È un film molto ambizioso, che ha l’aspirazione di distringuersi da altri film biografici su star musicali, di creare numeri musicali di ampio respiro e di impartire la morale sul voler bene a sè stessi prima di tutto. E per la gran parte del tempo riesce nell’intento, anche quando certe scelte stilistiche creano un senso di straniamento.

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"O fai di tutto per vivere, o fai di tutto per morire."